Quattro Rivelazioni Divine

Sommario

Prima Rivelazione Divina
Seconda Rivelazione Divina
Terza Rivelazione Divina
Quarta Rivelazione Divina
Tetrade.pngvedi anche: l'oltretomba e le religioni nelle Terre Spezzate. L'Antica Religione: Druidi della Madre Terra - Sciamani degli Spiriti - il culto a Castelbruma
il culto della Tetrade: Cerimonie della Tetrade - Quattro Dèi - Quattro Corpi - Empi e Devoti. Il Profeta Castamante: Quattro Rivelazioni Divine
l'Ecclesia: il Tetrarca, i Vescovi e i Sacerdoti (Custodi della Fede, Paladini e Sacerdoti della Tetrade). Storia del Dominio di Vesta e di Valleterna



La storia di Castamante racconta di come il Profeta abbia convertito le Terre Spezzate al culto della Tetrade ed al suo dominio, spirituale e temporale. Ma la storia racchiusa nel Libro dell’Illuminazione racconta invece delle Quattro Rivelazioni della Tetrade che il Profeta affrontò, e di come esse avvennero. Il Libro dell’Illuminazione e il Libro delle Predicazioni sono stati scritti quando il Profeta era Tetrarca delle Terre Spezzate, per mano dei Devoti Gaero e Blianna, e della moglie Clarina.

Prima Rivelazione Divina

Il Profeta è scampato dalla rovinosa sconfitta sulle mura di Vesta ma a costo della sua libertà, e si trova inerte, imprigionato dal suo nemico.

“In seguito alla battaglia in cui i suoi uomini vennero massacrati, Castamante fu portato in prigione ferito, e ricoperto del sangue suo e dell’amico Leonello, che egli stesso aveva condotto alla morte.
La durezza e le privazioni del carcere lo portarono a riconsiderare le sue prime posizioni sulla battaglia, e a comprendere che la morte di Leonello e dei suoi Cavalieri, non era dovuta alla ferocia e alla malvagità dei nemici, bensì alla sua stessa avventatezza nel lasciarsi dominare dall'orgoglio e voler scioccamente combattere contro forze evidentemente superiori alle proprie. Al peggiorare delle sue condizioni fisiche dovute alla prigionia si accompagnò così l'estrema malinconia dovuta alla coscienza dei propri errori, e la conseguente perdita della speranza. Tutto ciò condusse Castamante ad un rifiuto della vita e ad un costante indebolimento fisico, veniva tormentato in sogno dai ricordi cruenti della battaglia e della responsabilità della morte dei suoi uomini per sua colpa. Castamente in quei giorni tetri e bui sperimentò ciò che poi avrebbe compreso essere un eccesso verso Aeterna, ovvero il rifiuto della vita e il cedere alla disperazione. Il giovane iniziò a rifiutare il cibo che gli veniva fornito ed i seppur rari contatti con altri detenuti. Poi accadde che uno di questi ultimi, vinto dagli stenti del terribile luogo, morì solo e dimenticato in una cella contigua. Lo spirito di quell’uomo non era stato pacificato, ed iniziò ad infestare le celle della prigione, e a vessare il debole e tormentato Castamante.

Dapprima Castamante si abbandonò al nuovo dolore e al nuovo tormento, quasi a volerli considerare una giusta punizione per ciò che sentiva di aver commesso, poi, pian piano, si fece strada in lui la volontà di resistere ai tormenti e alla morte che presto ne sarebbe seguita. Per combattere la morte incombente Castamante non aveva armi, né armature, non aveva altro che se stesso, e la vita da difendere. Iniziò così ad assaporare ogni attimo di vita concessagli ogni giorno, il cucchiaio di rancio gli apparve il miglior cibo mai gustato, il refolo d'aria che entrava da uno spiffero aveva il sapore della brezza del Cimento, la voce lontana di un carceriere o un detenuto fu fonte di gioia quanto il suono del canto di madre o del consiglio fraterno. Lo spirito che lo vessava prese ad indebolirsi sotto i colpi del rinnovato amore per la vita che il giovane nutriva ogni giorno dentro di sé. Fu così che si fece strada in lui una nuova coscienza: lo spirito maligno che lo torturava e che lo vessava non agiva su di lui in modo dissimile dalla disperazione a cui egli stesso si era abbandonato.

Per la prima volta dopo mesi di prigionia, Castamante riuscì ad abbandonarsi ad un sonno sereno nonostante la presenza malvagia ed ostile su di lui, e sognò. In sogno si trovava nella sua cella ma il tetto era mancante, e la notte buia e gelida incombeva, eppure il freddo lo rendeva accorto, lo rendeva sveglio e all'erta, finalmente desto. Lo spirito gli apparve come una creatura d'ombra, che si nasconde nelle pieghe della stessa notte, e che Castamante non riusciva a vedere, eppure lo spirito poteva ferirlo con tocco di gelo, e ancora condurlo alla morte.

Poi una stella brillò nel cielo ed illuminò un angolo della prigione, e Castamante in essa scorse la speranza, la nitidezza della ragione che lo aveva portato a resistere, e si avvicinò alla luce per lasciarsi illuminare. Pervaso dal bagliore celeste lo spirito gli apparve visibile, e non più in grado di nuocergli. Castamante, irrorato di luce, era invulnerabile, e sentì per la prima volta la gloria di qualcosa che lo sovrastava e lo proteggeva e a cui lui si era avvicinato. Giunse quindi il primo raggio di sole dell'alba, che riempì il giovane di una gioia nuova, e che dissolse lo spettro. Il sogno finì.

Castamante era finalmente sveglio, e riuscì a vedere il suo tormento personificato nella pallida ombra di un uomo che non era più niente se non il male che lo aveva afflitto in vita. Il giovane, ispirato dall'illuminazione divina ricevuta, pervaso di nuova energia, risplendette della luce dell'astro, e come raggio di sole allontanò per sempre lo spirito da sé. Finalmente tornato alla vita e alla ragione, Castamante si addormentò di nuovo. Si svegliò il mattino seguente, i raggi dell’alba filtravano dal verde delle foglie, la nuda terra sotto la sua schiena. Castamante era libero, in mezzo ad un bosco, a leghe di distanza dalle gelide prigioni di Vesta. I suoi capelli, forse per via della profonda affezione di Laetitia su di lui, erano di un bianco candido, da allora Castamante fu detto il Canuto.”

Seconda Rivelazione Divina

“Castamante, conscio che il ritorno alla sua vecchia vita avrebbe significato essere cacciato e probabilmente ucciso dai suoi nemici, senti dentro di sé la consapevolezza di essere destinato ad altro e di dover intraprendere un nuovo cammino.

In pochi giorni giunse ad un villaggio e sulla strada la vista degli uomini che lavoravano la terra gli fece comprendere come egli avesse avuto ambizione di dominare le terre senza averne reale conoscenza né rispetto. Decise che la sua nuova vita sarebbe iniziata dal lavoro come semplice uomo di fatica.

Nei tre anni che passarono, a partire da quel giorno, Castamante si dedicò al duro lavoro della terra, comprese la necessità di vivere in una comunità in cui ognuno compie il proprio dovere, mise le sue forze a disposizione degli altri, si innamorò di una donna, Gaia, e da essa ebbe dei figli.

Castamante capì così l’importanza del valore di ognuno e della famiglia quale strumento per far fronte alle avversità. Col tempo unì alla coltivazione dei campi la creazione degli strumenti ad esso necessari, comprendendo come la ragione guidi non solo il governante, ma sia strumento per innalzare anche il più umile dei lavori e fornire ad ognuno il ruolo che più gli è proprio. La letizia e la serenità di quegli anni venne però rotta da un'improvvisa razzia di orchi, che, complice l'assenza di molti uomini per il raccolto delle messi, distrusse il villaggio e portò alla morte della sua famiglia insieme a quella di molti altri.

Castamante, colto dalla rabbia, ed infiammato dal desiderio di vendetta, si ricordò di non esseresempre stato un fabbro, e decise dunque di condurre ciò che restava del villaggio alla controffensiva, in battaglia contro gli orchi.

Forgiò con il ferro spade ed armi per gli uomini, e forte del suo passato di Cavaliere e condottiero li addestrò al combattimento, nutrendo in loro il giusto desiderio di protezione, ma anche e soprattutto la bramosia di vendetta. Fu così la rabbia a condurlo in battaglia, alla testa di novelli guerrieri. Proprio al centro dello scontro, mietendo in preda alla furia l'ennesimo nemico, Castamante si avvide di come il sangue dei suoi venisse versato, non per giusto desiderio di difesa, ma nuovamente per il suo eccesso di ambizione. Ricordò allora di come la spavalderia, e non il coraggio, avessero segnato la sua sconfitta presso Vesta, e la morte di Leonello e dei suoi Cavalieri. Fermo, al centro della mischia, rivide come in sogno il campo di battaglia disseminato, a causa sua, di cadaveri. Ma in preda allo sconforto causato da questo ricordo, un raggio di sole colpì la sua spada ed egli, d’improvviso, sentì d'aver raggiunto una nuova consapevolezza, un nuovo passo nell'illuminazione che già una volta l'aveva salvato. Riscaldato non più dal ribollire inquieto del sangue, bensì da una cosciente determinazione, Castamante comprese come un condottiero debba non solo saper guidare i suoi uomini, ma guidarli verso il retto ideale. La luce che avvolgeva la sua lama lo pervase ed egli fece risuonare la nuova fede che gli cantava dentro in tutti i suoi uomini, illuminando della stessa luce divina che nuovamente lo aveva benedetto le lame dei guerrieri, conducendoli ad una schiacciante vittoria.

Tutti coloro che avevano partecipato alla battaglia riconobbero in Castamante il Canuto un uomo investito da poteri sovrannaturali ed il nuovo contatto con il divino astro illuminò Castamante sulla reale presenza degli dei e lo investì della missione di comprenderla e diffonderla. Castamante, da allora, fu chiamato il Profeta.”

Terza Rivelazione Divina

“Castamante iniziò così una predicazione errabonda dei nuovi Principi cui era stato illuminato. Alcuni fedeli lo seguirono, altri si occuparono di ricostruire il villaggio e di diffondere i nuovi insegnamenti a viandanti e viaggiatori. Castamante parlava alle genti della Tetrade, spiegava attraverso miti e racconti i primi precetti della Via Virtuosa, ed otteneva presso le genti consensi e professioni di fede. In quegli anni Castamante viaggiò a lungo, e spesso accadde che in alcuni luoghi venisse accolto con diffidenza, ma egli era anche investito dei poteri di compiere cerimonie e prodigi, e ben presto la sua fama iniziò a precederlo.

Giunse quindi un giorno, mentre vagavano per la Pianura Scarlatta, che Castamante e i suoi seguaci vennero già accolti come il Profeta ed il suo seguito, e che la popolazione volesse ricoprirli di attenzioni ed onori. Tale novità colse gli uomini di sorpresa, e benché tale luogo non avesse bisogno di predicazione, tutti rimasero e, in breve tempo, cedettero alla mollezza.

L’abbondanza della Pianura Scarlatta e la generosità dei suoi abitanti avevano distolto Castamante dalla sacra missione, portandolo ad eccedere nel benessere e ad abbandonare la Via Virtuosa per cedere alle lusinghe di Laetitia. Questo fu quanto Gaero, un giovane unitosi a Castamante, disse al Profeta per spronarlo a reagire, ma la stessa notte in cui il Glorioso, attraverso il giovane discepolo, comprese la verità, scoppiò in quel luogo una tremenda epidemia. In pochi giorni Castamante e molta della popolazione locale, erano affetti da febbri e da terribili dolori.

Il Profeta capì allora che, per ogni passo che si compie allontanandosi dalla Via Virtuosa, è necessario compierne un altro per riavvicinarsi, e che la consapevolezza di aver peccato è solo anticamera dell’espiazione. Aeterna aveva benedetto il popolo con la malattia per restituirgli il valore dell’abbondanza e della vita, e per ricondurlo alla Virtù. Castamante prese dunque a prestare cure e guarigione al prossimo, dimentico della propria salvezza personale. Man mano che i giorni passavano il dolore del Profeta non diminuiva, ma le sue capacità nel prestare ausilio e soccorso aumentavano, e in breve tempo guarì molti uomini con una sola preghiera, ed infine con il solo tocco delle mani benedette dalla Tetrade.

Il male abbandonò tutti coloro che erano stati contagiati, ma non Castamante, la cui febbre peggiorò.

Il Profeta fu accolto presso la casa di un signorotto locale su intercessione di una nobile fanciulla, Blianna, che si era convertita alla Tetrade durante i giorni della pestilenza. Qui restò in preda alle febbri, vegliato dalla giovane fedele fino a che ella stessa non fu illuminata dalla Tetrade e non fu in grado di curarlo. Quando Castamante si riprese, alcuni dei suoi fedeli avevano ricevuto il dono di compiere prodigi durante cerimonie di preghiera, la città era uscita dalla peste, e l’oscurità aveva nuovamente lasciato il posto alla luce.”

Quarta Rivelazione Divina

Castamante parlò a lungo con Blianna e Gaero, che erano diventati i suoi discepoli più vicini, e comprese come le predicazioni avessero avuto effetto sul popolo, senza però interessare i nobili. La dottrina che il Profeta stava diffondendo predicava però che ogni uomo occupa un ruolo fondamentale, e Castamante si convinse della necessità di trovare nobili e Cavalieri che incarnassero la Virtù.

Fu così che negli anni successivi Castamante, che era ormai riconosciuto ovunque andasse come un uomo benedetto dagli dei, ed in grado di compiere prodigi e miracoli, cercò giovani di buona volontà, anche figli di signorotti, ed insegnò loro la dottrina della Tetrade, la cortesia e il decoro, indicò loro la Via Virtuosa e ne fece dei Cavalieri.

Eppure colui che un tempo era stato condottiero e signore di una città non rivelò la sua identità passata fino al giorno in cui giunsero voci che a Monfiore il popolo era affamato, e pativa la durezza e la violenza di un Barone ingiusto. La primavera volgeva all’estate, e durante un addestramento con i suoi Cavalieri, il Profeta sentì una nuova consapevolezza farsi strada nella sua anima, il cielo era nuvolo ed iniziò a piovere, mentre egli restava immobile al centro del temporale. L’acqua gli frustò addosso per tutto il giorno, mentre nel suo cuore si dibatteva la rabbia ed egli la combatteva, per la prima volta in silenzio e in pace, lontano dalle lotte che avevano segnato la sua vita. Quando infine il sangue si placò alla ragione, il cielo si aprì e le nuvole mostrarono il Sole. Una nuova forza lo pervase, poiché la Virtù era ormai tanto salda da scacciare ogni eccesso, ed il segno divino gli indicò come fosse tempo per lui di rivelarsi, di scacciare le nubi e lasciare che un nuovo raggio di sole colpisse il Creato. Il giorno seguente partì in forze alla volta di Monfiore, e sotto le mura della città, prima di conquistarla in una gloriosa battaglia, svelò a tutti la sua identità.

Entro il tramonto, sotto un sole splendente, Castamante, il legittimo Barone di Monfiore, faceva ingresso nella sua città.

Al tramonto, dal bastione della rocca, Castamante osservava Monfiore liberata, e fu colpito da una nuova rivelazione divina, la quarta ed ultima prima di essere completamente investito del potere di Sidèreo.

Sentì il calore del sole affievolirsi e la notte sopraggiungere, e ripensò alle Terre Spezzate e al loro passato. Comprese d’un tratto che Alessandro, il Difensore di Uomini, pur senza compren derne le ragioni divine, aveva vissuto nella gloria di Sidèreo e portato luce, pace e giustizia al regno, ma alla sua morte il sole era tramontato. Le Terre Spezzate avevano conosciuto una lunga notte che doveva finire, e che si sarebbe conclusa solo quando Sidèreo avesse di nuovo rischiarato la vita delle genti.

Così come l’afflizione dello spettro e la pestilenza erano stati mali necessari che lo avevano spronato a percorrere la Via Virtuosa, così per raggiungere l’Alba bisognava affrontare la notte. Castamante sentì una nuova più alta missione, di cui egli doveva farsi artefice, conquistare alla Tetrade le Terre Spezzate.

Il giorno seguente, all’alba, Castamante parlò ai Cavalieri e ai fedeli radunatisi a Monfiore, e fu dato inizio alla sacra missione di conquista.

Da allora egli fu chiamato il Campione del Perfettissimo.